giovedì 21 giugno 2012

Khorakhané - il racconto



Riceviamo e volentieri pubblichiamo il racconto dello scrittore livornese Fabio Artigiani ispirato alla canzone Khorakhané 



KHORAKHANE’ – Il canto del vento

foto di Marlenekzio
Sto, come al solito, a guardare il cielo, sul finir della sera.
Il vento spira forte da Est e si fa strada nel nostro campo, quasi sorpreso ogni volta di trovarci in un posto diverso. La nostra vita segue inevitabilmente il giorno, i nostri battiti rallentano via via che il sole svanisce mentre torniamo a testa stanca verso i nostri alloggi viaggianti, lungo strade sperse in grandi distese di campi incoltivati. Questa volta abbiamo fermato i nostri passi un po' più a lungo, qui, in questo campo dove qualche tempo fa gli anziani costruirono un pozzo artesiano e che poi i civili trasformarono in cemento e gabinetti. I bambini corrono, giocano e pisciano, sguazzano in quei laghi gialli inassorbiti dalla terra ricoperta di catrame. A me non capitava, eravamo liberi, i nostri campi erano come da secoli esistevano, fatti di terra e fuoco. E la nostra gente ci viveva sopra tra miseria e fortuna. Il passato avvolge spesso i miei pensieri e li trasforma in ricordi che mi fanno battere veloce il cuore.
Quando morì, mio padre mi regalò la collana che portava sempre, la collana di famiglia, con un pendaglio a forma di toro. Chiunque incontriamo nei nostri viaggi, di qualunque casta, sa chi sono. La stirpe è generosa nel suo significato: posso bere e mangiare con tutti, mi offrono alloggio. A volte penso, e sempre, quando guardo il cielo, che anche ogni nuvola, ogni fiume che guadiamo, ogni foglia che cade, ogni polvere calpestata mi riconosca e mi saluti. Tutto questo ha sapore antico, porta con sé la testimonianza di generazioni dello stesso sangue gitano, gente di popoli dove magia e mistero si fondono alla necessità di sopravvivenza, dove il pane ha lo stesso valore di una collana a forma di toro per una ragione di vita giusta, libera, dignitosa in tutta la sua sacralità, in quanto vita.
Mi ricordo ancora quando da bambino guardavo stupito le rughe di mia nonna, le sue vene sulle tempie così pronunciate, le sue grandi labbra, le sue mani che sentivo così ruvide quando prendeva le mie per insegnarmi i segreti della vita nascosti tra le pieghe naturali della nostra pelle. O per avvertirmi di stare attento ad ogni elemento della natura: acqua, terra, fuoco e aria, ognuno che prende e che dà, esige rispetto, paura, comprensione, soprattutto in quei messaggi mutevoli, nascosti dalla storia della Terra. Ho l’immagine di mia nonna sola, a sbirciare quel che resta della sua vita davanti ad una finestrella di plastica, ad ammirare fuori un mondo che non le appartiene più.
Mio nonno trovò la morte in Polonia durante le persecuzioni: lo presero e lo fucilarono appeso a testa in giù insieme ad altri trenta zingari, in piena campagna, in modo che tutti potessimo vedere. Fummo costretti a fuggire lontani, prima in Ungheria, poi in Yugoslavia fino ad arrivare in Italia. Non dimenticherò mai le lacrime di mia nonna davanti a quell'orrore, o le lacrime di mio padre quando ci incendiarono l'intero campo vicino a Danzica; e ancora lacrime, di mia madre, quella sera attorno ad un falò a ricordare e finalmente poter piangere di sollievo, sotto le ombre delle nostre giostre ormai stanche e in disuso.
E oggi è giorno di elemosine. Le bambine si portano fino alla periferia della città a mendicare qualche spicciolo. A volte tornano con i segni addosso, con le bastonate dei civili. Ci dicono di essere state picchiate, così, per odio, insultate - Ladre! Andatevene via e dite ai vostri genitori che se rubano ancora, stavolta gli diamo fuoco! -.
Ma chi ha il diritto di giudicare la nostra gente, le nostre usanze, la nostra vita? Il caso governa ogni punto di vista, ogni pensiero, ogni popolo ed ogni uomo ad esso assegnato.
I nostri occhi zingari sono rivolti solo a Dio. Come ora, che guardo il cielo farsi scuro, e sento di lontano le nostre donne accendere il fuoco, intonando il nostro canto più antico:

- Poserò la testa sulla tua spalla
e farò
un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa.
Chi sarà a raccontare
chi sarà
sarà chi rimane;
io seguirò questo migrare,
seguirò
questa corrente di ali –


Questo racconto è ispirato alla canzone "Khorakhané (a forza di essere vento)" di F. De André - I. Fossati (Edizioni Musicali: Il Volatore s.r.l., Nuvole s.a.s., BMG Ricordi S.p.A.) di una cui parte è qui riportata la traduzione, a termine del racconto, tratta dal libro "Fabrizio De André - I testi e gli spartiti di tutte le canzoni" edito dalla casa editrice Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. nella collana "SuperMiti".



Fabio Artigiani

Fabio Artigiani
E' stato redattore per la testata pisana “L’alternativa”. Autore S.I.A.E. ed apprezzato fotografo non professionista, tiene per un breve periodo la rubrica “Il bonsai stupido” su “Corsera.it”. Apre il blog “Cambiare se stessi”, poi divenuto “Fabio cambia”, dove pubblica poesie, riflessioni e foto, anche attingendo da argomenti di attualità. Ha collaborato con la testata giornalistica “Buone Notizie.it”. Scrive articoli per il giornale “Livorno non stop”. Pubblica "Appunti ai Naviganti - tra terra e mare" per Pascal Editrice. Apre l'omonimo blog. Counselor. http://appuntiainaviganti.blogspot.com


venerdì 25 maggio 2012

Rom e Gagi: abitare insieme la città

Sabato 26 maggio 2012 Palazzina Liberty – Largo Marinai D'Italia 1 – Milano
dalle 15.30 alle 19.30 


Naga – Gruppo di Medicina di Strada presenta 
ROM E GAGI: ABITARE INSIEME LA CITTÁ 

Da secoli la convivenza di rom e sinti con le popolazioni dei paesi nei quali hanno vissuto è stata segnata da pregiudizi e discriminazioni. Solo un anno fa, la campagna elettorale del sindaco uscente e dei suoi alleati si è incentrata sul pericolo che Milano diventasse una "zingaropoli". In diversi casi, in varie città italiane, vi 
sono stati episodi ancora più gravi di intolleranza e violenza contro gli abitanti dei campi rom. 

Medicina di strada, composta da volontari del Naga che lavorano da più di dieci anni nei campi irregolari e regolari di Milano, occupandosi della salute e dei bisogni delle famiglie rom che vi vivono, vuole proporre uno sguardo diverso sulla cultura e sulla realtà dei popoli rom e sinti, nella convinzione che per rom e "gagi" 
(termine che in lingua romanì indica "non rom") abitare insieme la città sia possibile. 

All'incontro partecipano, oltre ai volontari del Naga, famiglie rom, associazioni che rappresentano e che operano con i rom, esponenti dell'amministrazione comunale, dei consigli di zona e delle associazioni di quartiere. 

Programma: 

L'identità e la storia di rom e sinti 
Giorgio Bezzecchi (Vice Presidente nazionale Federazione Rom e Sinti Insieme) 

La vita nei campi irregolari a Milano e la storia degli sgomberi negli ultimi anni
Racconti, testimonianze e proiezione di video 

L'intervento del Naga 
Per i volontari di Medicina di Strada: Andrea Galli, Cinzia Colombo, Simonetta Jucker e Tina Aiolfi 

"La discriminazione contro di noi supera tutte le frontiere": leggi, ordinanze, sgomberi e antiziganismo 
Marzia Barbera (Naga Medicina di Strada) 

Dibattito

Interverranno: musicisti, comici, registi rom

Aperitivo rom
 

giovedì 24 maggio 2012

Status di minoranza linguistica per Rom e Sinti: un passo importante



Ieri pomeriggio la Commissione esteri della Camera dei Deputati ha votato a maggioranza l'emendamento che riconoscere lo status di minoranze linguistiche ai Cittadini italiani sinti e rom, presentato dall'On Matteo Mecacci (Radicali – Pd).


La Federazione Rom e Sinti Insieme ringrazia l'On Matteo Mecacci e tutti i Parlamentari della Commissione esteri che hanno votato a favore delle minoranze sinte e rom, in sede di ratifica della Carta Europea delle lingue regionali.


Esprimiamo rammarico per il parere contrario espresso dal Governo italiano, attraverso il Ministero dell'Interno. Speriamo che tale parere sia cambiato quando la norma arriverà in Aula.


Rom e Sinti chiedono da anni al Parlamento italiano il riconoscimento dello status di minoranze storiche linguistiche, in base all'articolo 6 della Costituzione italiana. Il 9 novembre scorso la Federazione Rom e Sinti Insieme ha promosso una manifestazione proprio per sensibilizzare i Parlamentari italiani. Oggi possiamo affermare che un passo importante per il riconoscimento di un diritto è stato fatto.

Yuri Del Bar (cellulare 3333715538)
Presidente 
Dijana Pavlovic (cellulare 3397608728), Davide Casadio (cellulare 3342511887), Giorgio Bezzecchi (cellulare 3384380338) e Renato Henich (cellulare 3398569507)
Vice Presidenti 
Radames Gabrielli (cellulare 3339508196)
Segretario

venerdì 18 maggio 2012

ZigZart



Sabato 19 e domenica 20 maggio
presso la Comunità Rom di Via Idro
un evento dedicato alla cultura zigana nell'ambito dell'iniziativa Via Padova è meglio di Milano
Ospite speciale: Alessio Lega


Il Museo del viaggio Fabrizio De André è lieto di invitarvi,
domani, 19 maggio e domenica 20, nell'ambito della terza edizione della manifestazione Via Padova è meglio di Milano, all'evento ZigZart, organizzato da SitArt presso il campo nomadi di via Idro. 
ZigzArt è il titolo dell’evento promosso da SITART nel campo Rom di via Idro a Milano.
Il progetto nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di “Via Padova è meglio di Milano” cantiere d’integrazione multiculturale in progress.
Gli artisti: Ilaria Beretta, Beppe Carrino, Angelo Caruso, Federico De Leonardis, Carlo Dulla, Pino Lia, Elisabetta Oneto, Sabina Sala, Stefano Sevegnani, con la direzione artistica di Jacqueline Ceresoli, hanno creato installazioni site-specific, temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche culturali e sociali.
Social Art
di Jacqueline Ceresoli

Nell’era dell’iperconnessione veloce “Tout change, tout bouge, tout va de plus en plus vite” e la rete per alcuni è una corsia preferenziale che accelera contatti ed evoluzioni sociali, per altri, gli emarginati digitali, separa vite, stili e identità di moltitudini di persone che si rifugiano in campi situati ai confini della città dove, nei migliori casi, si recupera un modello di comunità agricola, di villaggio contadino, in alternativa al modello urbano, ponendo alla base della società non il denaro, ma il patto di rispetto e di solidarietà tra gli individui.
Il Campo di via Idro è un Eden anomalo, trasformato in centro di convivenza tra etnie diverse, situato al termine di via Padova e vicino alla Tangenziale est, abitato da oltre 20 anni da circa 120 Rom Harvati, diventati cittadini italiani. Questa tribù urbana è costituita da residenti iscritti al Servizio Sanitario con bimbi scolarizzati e la metà di loro ha meno di 18 anni. Date queste condizioni di stanzialità, ex nomadi hanno trasformato il campo in una comunità, dove si contano più case che roulotte, molte delle quali con verande, orti o giardini, cavalli, galli e galline, tacchini, cani, gatti, ponendosi in un rapporto osmotico con il territorio, ma non con il tessuto urbano. In questa comunità di integrati, ma divisi dai cittadini per scelte di vita, 9 artisti italiani diversi per età, formazione e linguaggi adottati, hanno creato site-specific e installazioni a tecnica mista temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile promosso da Sitart.

ZigzArt nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di via Padova, cantiere d’integrazione multiculturale in progress.
Dall'inizio di via Idro, lungo la Martesana, all’angolo di via Padova fanno capolino le vele colorate e i nastri di carta riflettente che definiscono un ”Isola” immaginaria di Stefano Sevegnani, affacciata sul Naviglio.
Da via Padova fino al Villaggio Idro si estende intorno alla campagna limitrofa il “Serpente d’oro”, di Sabina Sala, composto da chicchi di grano: l’oro del Mediterraneo e delle civiltà contadine.
Ilaria Beretta evoca il concetto di “migrazione” con una gigantesca capanna di stoffa, come ready made del nomadismo dei Rom, prototipo di abitazione di uomini in movimento, divenuti stanziali con la casa.
All’ingresso del Villaggio, troverete disegnato sul muro con martello e scalpello l’opera “Pastorale” di Federico De Leonardis, un grande bastone, simbolo del pastore che guida e accudisce al suo gregge, come insegna di un modello di vita idilliaca e bucolica, come alternativa a quello urbano.
Angelo Caruso ricopre con “Foulards” variopinti di gusto gitano, donati dalle donne del Villaggio, “la grande serra del perduto lavoro” della Cooperativa Rom che coltivava piante da vendere al mercato ora abbandonata, qui riutilizzata come rifugio per galline e altri animali da allevamento, cavalli al pascolo, liberi di circolare sull’antistante orto coltivato: è un’altra evocazione simbolica di vita agreste, perduta con la rivoluzione industriale, quando l’uomo ha interrotto la relazione con la natura.
Zigzagando dentro il villaggio, lungo la strada principale, noterete l’installazione “Fiat Lux”, realizzata con alcune centraline di energia in disuso, trasformate da Carlo Dulla in simbolici altarini, in cui compaiono ex voto di luce, di gas e di acqua come apparizioni, presenze miracolose non sempre garantite in questo campo.
Davanti al Centro Polifunzionale del villaggio, pensato come presidio sanitario, sociale e culturale, sempre chiuso e poco utilizzato dal Comune, Elisabetta Oneto presenta, “Pori”, un’installazione di code di cavallo, che per i Rom rappresenta un mezzo di trasporto, di sostentamento ed è il simbolo della loro cultura nomade.
All’interno dell’edificio, Beppe Carrino ha rivestito una stanza con “Scritture del corpo”: una serie di disegni a matita che rappresentano i calchi di mani, piedi e fronte di varie persone e abitanti del Villaggio. Questa istallazione ambientale prevede il coinvolgimento del pubblico che si presterà a lasciare una traccia del suo passaggio nel campo.
Nel cortile dell’edificio dismesso, c’è ormeggiata una “Bari–Barca” di Pino Lia, a forma ellittica, in centro una ruota, simbolo del timone, circondata da ramificazioni dalle quali pendono guanti in lattice e rose con immagini multietniche, come metafora del viaggio e delle migrazioni di popoli sulla scia del sogno di una terra promessa.

Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche culturali e sociali, mettendo in discussione il ruolo dell’artista in questo ambito, meno autoreferenziale e più utile alla collettività, sull’esempio della “Scultura Sociale” di Beuys e trasforma Milano in un prototipo di “Museo diffuso”, dal centro alle periferie, open-space di un’arte sostenibile contro la museificazione dell’arte contemporanea, dinamica e complessa.


ZigZart
Evento organizzato da SITART
Ideato e curato da Angelo Caruso
Direzione artistica Jacqueline Ceresoli
Direzione all’accoglienza nel Villaggio Fabrizio Casavola
Luogo: via Padova angolo via Idro al Campo Nomadi sul Naviglio Martesana.
Periodo: 19+20 Maggio 2012
Partner: Comunità Rom di Via Idro, Comitato Vivere in Zona 2, Associazione AB, City Art, Anpi Crescenzago, Martesana 2, Teatro degli incontri.

Per info:
Angelo Caruso
Cell. 3357689814

Lo staff del Museo del viaggio

venerdì 30 marzo 2012

BAHTALO ROMANO DIVES Giornata Internazionale del popolo Rom

Il Museo del Viaggio Fabrizio De André è lieto di invitarvi, sabato 31 marzo, ad un evento organizzato in occasione della Giornata Internazionale del popolo Rom, il Romano Dives, che cade l'8 aprile. 


La Giornata Internazionale del popolo Rom si celebra l'8 aprile, in ricordo del primo congresso mondiale dei Rom svoltosi a Londra nel 1971che stabilì come denominazione officiale della nazione Romanì il nome "Rom", letteralmente "uomo", o "popolo degli uomini", inclusivo di tutti i gruppi variamente denominati e presenti nel mondo: Sinti, Manouches, Kalderash, Lovara, Romanìchél, Vlax, Domari, Nawar...; si scelse l'inno nazionale "Djelem djelem", composto nel 1969 da Zarko Jovanovic e la bandiera: una ruota indiana rossa su sfondo per metà verde, a simboleggiare la terra coperta d'erba, per metà azzurra, a simboleggiare gli spazi del cielo. In quel congresso si costituì la Romani Union, la prima organizzazione mondiale dei Rom, riconosciuta dall' ONU nel 1979.


Sabato 31 marzo, dalle 18.00 alle 20.00
Sala Ricci - Fondazione San Fedele - Piazza San Fedele 4, Milano


Giorgio Bezzecchi e Djana Pavlovic , Consulta Rom e Sinti di Milano, introducono:


Pietro Vulpiati, in rappresentanza dell'UNAR,
Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali del Comune di Milano,
Marco Granelli, assessore alla coesione sociale del Comune di Milano,
Giacomo Costa, presidente della Fondazione San Fedele,
Chiara Daniele, direttrice della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli,
Elena Valdini, Fondazione Fabrizio De André,
Ferruccio Capelli, direttore della Casa della Cultura di Milano


Inoltre:


Suoni e voci di giovani a confronto con vecchi maestri


Arnoldo Mosca Mondadori, presidente del Conservatorio di Milano, con i ragazzi del progetto "Sulla strada della musica",
Adalberto Ferrari, scuola via Maffucci Pavone con il gruppo Improklex Workshop,
Giovani talenti dei campi di via Bonfadino e di via Vaiano Valle,


I maestri:
George Moldoveanu, violino
Jovica Jovic e Rusten Selimovic, fisarmonica



Lo staff del Museo del Viaggio

lunedì 19 marzo 2012

Al Museo del Viaggio: la forza del razzismo e la debolezza dell'antirazzismo

fotografia di Papaitox
Il Museo del Viaggio Fabrizio De André è lieto di invitarti all'ultimo incontro del ciclo "Il popolo Rom: lingua, cultura, storia, tradizioni e attualità", dedicato al difficile argomento del razzismo contemporaneo, declinato in particolare nella forma dell'antiziganismo e della sua controparte: l'antirazzismo.
Relatore principale sarà Alfredo Alietti, ricercatore in Sociologia Urbana e del Territorio presso l’Università di Ferrara.

L'incontro si propone di fornire alcuni spunti per elaborare delle efficaci riflessioni critiche sulle pratiche dell’antirazzismo: di fronte alla forza del razzismo, l’antirazzismo cosa fa? Ha senso quello che si è fatto fino ad ora per contrastare un razzismo sempre più presente a qualsiasi livello sociale e popolare? Quali potrebbero essere possibili nuove pratiche da mettere in campo sul fronte dell’antirazzismo?


In occasione della sua prossima pubblicazione, Alfredo Alietti, proporrà le sue riflessioni, partendo dalle sue più recenti analisi sul fenomeno del razzismo.

Non mancate!
E' consigliabile la prenotazione a: museodelviaggio@gmail.com



Giovedì 22 marzo
dalle ore 17.00 alle ore 19.00
presso il Museo del Viaggio Fabrizio De André
Campo di Rogoredo - Via Impastato 7, Milano 

Alfredo Alietti, è ricercatore in Sociologia Urbana e del Territorio (SPS/10) presso l’Università di Ferrara. Ha condotto numerose ricerche a livello nazionale e internazionale su differenti temi, in particolare: il razzismo e il pregiudizio, le relazioni interetniche in contesto urbano, i processi di segregazione sociale e spaziale, l’analisi dei progetti di riqualificazione urbana. Attualmente svolge attività di ricerca sul tema delle politiche abitative in Italia e sui processi di discriminazione nel contesto europeo. E’ membro della rete internazionale di studi e ricerche “Urban Advanced Marginality” e membro del Research Network “Racism, Anti-Semitism and Ethnic Relations” dell’European Sociological Association.
Ha scritto e curato diversi saggi e articoli, tra cui: La convivenza difficile, L’Harmattan Torino, 1998, Milano, Stadera. Abitare la città delle differenze, Franco Angeli, Milano, 1998; (con D. Padovan) Sociologia del razzismo, Carocci, Roma, 2000, Metamorfosi del Razzismo, Antologia di scritti su distanza sociale, pregiudizio e discriminazione, Franco Angeli, Milano, 2005, Società Urbane e convivenza interetnica, Franco Angeli, Milano, 2009, Migrazioni, politiche urbane e abitative: dalla dimensione europea alla dimensione locale, Fondazione Ismu, Milano, 2011.


Lo staff del Museo del Viaggio

mercoledì 14 marzo 2012

Al Museo del Viaggio: Abitare Rom, vecchie soluzioni e nuove proposte

La questione abitativa è una delle tematiche più interessanti e complesse legate alla realtà del popolo Rom. Molto è stato detto, poco ancora è stato fatto, molto ancora ci sarà da dire e da fare.


Il Museo del Viaggio propone, per la penultima giornata del primo ciclo di incontri "Il popolo Rom"
lingua, cultura, storia, tradizioni e attualità" una riflessione sul senso dell'abitare, sulla vita nei campi, sulla stanzialità, sulle risorse che potrebbero essere spese per una vita abitativa migliore.


Ne parleremo con l'architetto Daniele Brandolino, progettista del Museo del Viaggio e con Giorgio Bezzecchi, responsabile della cooperativa Romano Drom che ha curato per molti anni la manutenzione di alcuni campi rom milanesi.


Vi aspettiamo!


Giovedì 15 marzo
dalle ore 17.00 alle ore 19.00
presso il Museo del Viaggio Fabrizio De André
Campo di Rogoredo - Via Impastato 7, Milano


Per confermare la presenza scrivere a museodelviaggio@gmail.com


Ingresso con sottoscrizione libera.


Lo staff del Museo del Viaggio


Museo del Viaggio under construction: galleria  fotografica dei lavori di ristrutturazione del Campo di Rogoredo:

mercoledì 15 febbraio 2012

A Vittuone si racconta il Porrajmos

A Vittuone, dal 15 al 19 febbraio, una mostra e uno spettacolo dedicati al Porrajmos:


La sezione Anpi "Carlo Chiappa" di Sedriano/Vittuone, insieme al Circolo Acli di Vittuone e in collaborazione con la Parrocchia di Vittuone organizzano due interessanti iniziative dedicate alla conoscenza della cultura e della storia delle popolazioni rom e sinti. 


La Mostra sull'olocausto degli zingari, il Porrajmos, elaborata con passione e serietà nella ricerca storica dalle Anpi di Magenta e del Magentino è un percorso che raccontalo sterminio delle vittime -tra le 500.000 e un milione- del "triangolo marrone", internati nei campi di sterminio e giustiziati per la sola colpa di essere rom e sinti. Sarà esposta presso l'Oratorio di Vittuone in via Villoresi dal 15 al 19 febbraio.


Venerdì 17 febbraio, invece, alle ore 21.00,  presso la Sacra Famiglia di Vittuone in via 25 aprile (zona vicino al Palo di Vittuone) si terrà lo spettacolo "SI BRUCI LA LUNA", in collaborazione col Museo del Viaggio "Fabrizio De Andrè" di Milano Rogoredo. Canzoni rom con la chitarra di Alessio Lega e la fisarmonica di Guido Baldoni, mentre voce narrante sarà Giorgio Bezzecchi, figlio di deportati nei campi nazisti, che ci parlerà della sua esperienza e del ripetersi, anche ai giorni nostri, del pregiudizio verso la sua gente, come testimoniano gli sgomberi a oltranza dei campi nella sua città di residenza, Milano.


Lo staff del Museo del Viaggio

martedì 14 febbraio 2012

Il popolo rom visto da Fabrizio De André.

Giovedì 16 febbraio, al Museo del Viaggio Fabrizio De André,
incontro con Walter Pistarini, autore de: Il libro del mondo. Le storie dietro le canzoni di Fabrizio De André.
Durante l'incontro verranno ripercorse alcune canzoni di De André, con l'aiuto musicale di Alessio Lega.
Interverrà inoltre Giorgio Bezzecchi che ha collaborato a lungo con il cantautore genovese, traducendo per lui i versi finali di "Khorakhane" in lingua romanès.


Giovedì 16 febbraio
ore 17.00
presso il Museo del Viaggio Fabrizio De André
Via Impastato,7
Rogoredo, Milano


Il libro si concentra sulle storie sottese alle canzoni di Fabrizio De André: gli aneddoti, le curiosità, le vicende personali e le opinioni del cantautore genovese.
Il libro del mondo indaga tutta la produzione del cantante, dagli esordi (1961) fino all’ultimo disco Anime Salve (1996), con l’obiettivo di ritrovarne le fonti, i riferimenti musicali e letterari.


Ma l’assassino ha ucciso il pescatore? Come si chiamava la vera “Marinella”? Di cosa parla “La domenica delle salme”? Don Raffaé si riferisce a Raffaele Cutolo? E’ vero che “Andrea” parla di un amore omosessuale?
Queste sono solo alcune delle domande che si è posto l’autore prima di iniziare la sua ricerca.


Il libro segue il percorso cronologico delle canzoni, da “Nuvole barocche” a “Smisurata preghiera”. A ogni album è dedicato un capitolo e ogni canzone ha il suo commento.
Tutti i testi sono accompagnati da un’ampia ricerca sulle fonti di ispirazione: le locandine del film “Soldato Blu” e “Il piccolo grande uomo” che hanno ispirato "Fiume Sand Creek", la stazione di Sant’Ilario, la copertina della prima edizione dell’Antologia di Spoon River, le copertine degli album tradotti (Brassens, Cohen, Dylan….), e anche qualche informazione sui dischi di De André pubblicati all’estero.


Uno spazio speciale, nella nostra presentazione, sarà dedicato naturalmente a "Khorakhané".
Secondo l'autore è una delle canzoni che rappresenta la summa della capacità artistica di Fabrizio De André. Pur avendo altissimi livelli poetici, con immagini stupende e sintesi incredibili, mantiene una mescolanza di testi e musica che la rende capolavoro. Inoltre praticamente ogni strofa è un "pezzo" di storia del popolo Rom.


Walter Pistarini
Dal libro:
Nell’album  Anime Salve, finalmente, De André scrive la canzone che gli è  ronzata per la testa per parecchio, almeno come intenzione. Anche l’interpretazione è molto partecipata, quasi commossa per questo popolo perseguitato. La chiave di lettura è abbastanza ovvia. Tra i tanti commenti e spiegazioni che Fabrizio ha concesso, eccone uno particolarmente articolato:  “E’ tempo di nomadismo. Hanno ragione loro, gli zingari, un popolo che potrebbe veramente scrivere un capitolo importante della storia dell’uomo. Vivono su questo pianeta da migliaia di anni senza nazione, esercito, proprietà. Senza scatenare guerre. Custodiscono una tradizione che rappresenta la cultura più vera e più semplice dell’uomo, quella più vicina alle leggi della Natura. Ti può sembrare una visione parziale e romantica? Cerco solo di farne una lettura meno superficiale di quanto normalmente ci fa comodo. Andiamo verso un mondo di pochi ricchi disperatamente sempre più ricchi, mentre il resto dell’umanità, quei miliardi di uomini che continuiamo a chiamare curiosamente “le minoranze”, si muovono in modo molto diverso da quello che consideriamo normale.” ( Gianni Perotti, Intervista a Fabrizio De André, “Re Nudo”, Marzo 1997 in C. Sassi-W. Pistarini, De André Talk, Coniglio, 2008)
La canzone è piena di riferimenti storici e culturali e vale sicuramente la pena di cercare di comprenderla appieno. Oltre al contenuto decisamente notevole, è di una poeticità mirabile, e la musica, compresi gli arrangiamenti, sono perfettamente in sintonia con il senso della canzone. A completare il tutto c’è l’interpretazione vocale di Fabrizio, bella, piena e partecipata come non mai.
Va premesso che quelli che vengono chiamati zingari sono in realtà un popolo proveniente da una regione dell’India settentrionale, e accomunati da una lingua, il romanes/romani di chiara derivazione sanscrita.  Anche l’origine della della parola “rom” è  indiana: il significato è quello di "uomo", in particolare "uomo libero". Oltre ai rom ci sono i sinti (quelli provenienti da una regione del  Pakistan chiamata Sindh). Insieme rappresentano i due ceppi principali.
Le religioni principali diffuse presso questo popolo sono la cristiana e la musulmana.
La canzone prende il titolo dai Khorakhané (o Khorakhana, letteralmente: "Amanti del Corano"), che sono una tribù rom musulmana di origine serbo-montenegrina."
Lo staff del Museo del Viaggio

lunedì 6 febbraio 2012

Nuovo incontro del corso di cultura rom del Museo del Viaggio

La scuola: luogo di appartenenza o di esclusione?
di Angela Sacco e Luana Anostini


"Educazione" foto di Robybor
Il Museo del Viaggio Fabrizio De Andrè,
è lieto di invitarti al prossimo incontro del ciclo "Il popolo Rom"
lingua, cultura, storia, tradizioni e attualità, dedicato alla scolarizzazione dei Rom e dei Sinti in Italia

Mercoledì 8 febbraio 2012,
dalle 17.00 alle 19.00
al Museo del Viaggio di Via Impastato, 7 - Milano Rogoredo

Durante l'incontro verrà data viva voce ai bambini e ai ragazzi rom attraverso le loro parole, i loro racconti e i loro disegni e verranno narrate esperienze positive di inserimento scolastico. In particolare, la studentessa Luana Anostini, laureanda in Scienze della Formazione Primaria alla Bicocca, illustrerà la storia di un percorso pedagogico e didattico da lei gestito direttamente in una classe di una scuola milanese che ospitava una bambina rom rumena del campo di via Triboniano e che ha avuto esiti positivi e inclusivi.


Angela Sacco, che ha alle sue spalle molti anni di insegnamento, sei dei quali come insegnante facilitatrice dei bambini rom e sinti, è distaccata a tempo pieno dal 1999 presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria che prepara i futuri insegnanti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria con il ruolo di supervisore del tirocinio e Cultore della materia in Letteratura italiana e in Didattica della letteratura. Studiosa, autrice di saggi e poetessa , si occupa da circa diciotto anni del problema dei rom e dei sinti, è stata a lungo formatrice per conto dell'Università delle mediatrici culturali rom e sinte di Milano, ha collaborato con diversi enti e istituzioni e con la stessa Opera Nomadi in progetti a favore delle popolazioni rom e sinte.


I contenuti dell'incontro:
Angela Sacco svolgerà un discorso sulle complesse ragioni che rendono l'esperienza scolastica dei bambini e dei ragazzi rom e sinti un percorso difficile, conflittuale e non di rado frustrante. Come è possibile che il diritto di accesso alla scuola, che potrebbe costituire un'importante opportunità di riscatto civile e di positiva interazione, si trasformi troppo spesso invece in una delusione o addirittura in un dramma?
I dati sulla scolarizzazione dei minori rom e sinti in Italia e in Europa sono sconfortanti. I minori rom non frequentano la scuola, e quando lo fanno, la loro frequenza è saltuaria e raramente riescono ad accedere alle scuole medie superiori; inoltre, salvo eccezioni, i loro risultati nell'apprendimento vengono definiti scarsi. Autrice del libro “La parola e il segno: bambini zingari in viaggio tra due mondi” (Belladonna Editrice), Angela Sacco affronterà il problema sviluppando una riflessione a partire dal mondo della cultura e della vita di questi bambini e ragazzi, servendosi degli strumenti dell'antropologia, della psicologia culturale, della filosofia e della pedagogia interculturale.
Nel libro viene proposto un percorso all'interno del loro immaginario e del loro modo di pensare e concettualizzare il passaggio dall'oralità alla scrittura, dal mondo della parola a quello dei segni: è in gioco una trasformazione complessa della mente che richiederebbe alla scuola una pedagogia e una didattica diverse.
Il problema riguarda molto da vicino le caratteristiche della scuola come istituzione e le difficoltà di contatto e di dialogo con le famiglie rom e sinte. Se da un lato le famiglie rom non hanno ancora maturato delle scelte chiare a favore dell'istruzione dei loro figli, dall'altro è anche perché la scuola si rivela inadeguata a questi bambini e ragazzi che, prima ancora che a leggere e a scrivere, debbono imparare a commisurarsi con una gestione dello spazio e del tempo lontana dalla loro cultura, con la comunicazione in una lingua che veicola parole e significati che non conoscono e con le routine didattiche all'interno dell'istituzione, le quali vengono spesso date per scontate dagli insegnanti e rendono complicata la loro partecipazione alle attività della classe.
Del resto la scuola italiana non ha scelto in modo consapevole l'approccio integrato rispetto alle culture dei suoi allievi, lo ha piuttosto subito. Inoltre, l'ignoranza del problema e della cultura di questi bambini e ragazzi genera comportamenti pieni di stereotipi e pregiudizi senza che l'istituzione sia in grado di mettere in campo uno sguardo critico e autocritico sulle proprie pratiche che risultano di fatto esclusive, piuttosto che inclusive. E questo va affermato pur riconoscendo lo sforzo e la fatica degli insegnanti sensibili e preparati che comunque vi sono.


Non mancate!!!


Lo staff del Museo del Viaggio

lunedì 30 gennaio 2012

Porrajmos dimenticato

Serata dedicata alla Memoria delle Comunità Rom e Sinte,
con testimonianze dirette e un concerto di musiche balcaniche e zigane


Il Museo del Viaggio Fabrizio De André vi invita a partecipare alla manifestazione organizzata con Opera Nomadi Milano e con il patrocinio del Consiglio di Zona 4 in occasione della “Giornata della Memoria”: “Porrajmos dimenticato”, presso il Teatro della XIV, venerdì 3 febbraio 2012 alle ore 20.45, nell’ambito della rassegna Musiche e parole dal mondo.
La manifestazione è gratuita e aperta a tutta la cittadinanza.


Il Porrajmos e i suoi testimoni:
La persecuzione nazifascista del XX secolo è un capitolo della lunga vicenda di pregiudizi che il popolo zigano ha partito nel corso della storia. In Italia, già negli ultimi anni che precedettero lo scoppio della guerra e soprattutto dopo il '38, con l’emanazione delle leggi razziali, rom e sinti vennero inviati al confino, internati nei campi di prigionia e deportati verso i lager nazisti perché considerati, al pari degli ebrei, una “razza biologica” da sopprimere.
Con le prime disposizioni d’internamento inviate dal capo della polizia, Arturo Bocchino, ai prefetti del regno, dal Settembre del 1940 rom e sinti furono arrestati e trasferiti nei campi provinciali allestiti dal Ministero dell’Interno.
In uno di questi, a Tossicìa, venne internato il gruppo di Rom Harvati fuggiti dall’Istria e dalla Slovenia per sfuggire alle persecuzioni dei nazionalisti ustascia di Ante Pavelic, dittatore croato. A questo gruppo appartiene Goffredo Bezzecchi, detto Mirko, istituzione e cuore del Museo del Viaggio Fabrizio De André.
La sua è una storia per lo più rimasta sconosciuta alle cronache, o almeno a quelle ufficiali, esattamente come le vicende analoghe degli zigani di tutta Europa -oltre mezzo milione- scomparsi nei campi di sterminio.
Il documentario storico “Il Porrajmos dimenticato” narra i ricordi e le testimonianze dei pochi rom e sinti italiani sopravvissuti.


Programma della serata:
  • Interventi musicali a cura del cantautore Alessio Lega, che eseguirà, tra gli altri, il brano inedito "Si bruci la luna", suo personale omaggio alla memoria dello sterminio degli zingari.
  • Proiezione del documentario “Il Porrajmos dimenticato”, della durata di 28 minuti, con la partecipazione e l'intervento di Mirko Bezzecchi, che contribuirà a rendere più vivo il ricordo con il racconto della sua esperienza diretta.
  • A seguire gli interventi di Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani, presidenti rispettivamente della Cooperativa Romanò Drom e di Opera Nomadi Milano. Il loro contributo toccherà non soltanto l’aspetto storico ma anche la realtà sociale e culturale contemporanea delle comunità rom e sinte e il rapporto spesso complesso ma anche ricco di sorprese positive con le comunità autoctone. 
  • Offerto dai comici associati, visto a Zelig, Luca Klobas interverrà con dei brani del suo spettacolo "Visti da Est".
  • Per finire, l’esibizione del gruppo musicale “I Muzikanti”, diretti dal maestro fisarmonicista Jovica Jovic, che animerà l’incontro con musiche e balli della tradizione balcanica. Il maestro eseguirà anche un pezzo a lui molto caro, composto da suo padre durante la deportazione.
Le donne della Sartoria romanì esporranno gli abiti ed i prodotti realizzati artigianalmente.


Venerdì 3 febbraio
Teatro della XIV 
Via Oglio, 18 (Zona Vigentina)
Ore 20.45
Lo staff del Museo del Viaggio

venerdì 27 gennaio 2012

Si bruci la luna

Come omaggio al popolo rom, in occasione del giorno della memoria, riportiamo di seguito il testo di una canzone recentemente composta dal cantautore Alessio Legadedicata al Porrajmos.
In attesa di poterla ascoltare dal vivo il 3 febbraio, in occasione della serata dedicata al Porrajmos presso il Teatro della XIV...
Jasenovac, 1942 due bimbi rom stanno per essere internati nel campo.

Che fastidio questa luna, da mille anni sulla terra
senza mai fondare stato senza mai portare guerra
senza mai fondare banche non accumulando niente
qualche volta anche rubando per campare la sua gente…
E poi via di balza in balza, che la luna non si ferma
coi suoi carri e via sobbalza, luna che tira di scherma
coi suoi raggi inargentati, quell’argento maledetto -
dentro il cuore dei soldati, gli agitava tutto il petto

Come il cuore non si arresta
come il tempo non aspetta
come tutto è una gran festa
movimento, amore, fretta...

Si bruci anche la luna con le stelle che di noi non han rispetto
che attraversa il buio e ride, che non ha sale d’aspetto
così dissero i nazisti quando chiusero la gabbia
degli zingari nel campo di risiera di San Sabba.
Si bruci anche la luna misteriosa che sa leggere le carte
sul violino della sposa sulla giostra che riparte
così dissero i fascisti in difesa della razza
così vollero i razzisti della scienza che ti ammazza.

Così vollero fermare
quel gran viaggio della vita
così vollero bruciare
la speranza inaridita.
Rimasero i campi deserti
e il cielo disabitato
i vivi più morti dei morti
nel crematorio di Stato.
Quei pochi tornarono al viaggio
nemmeno un momento di gloria
“Porrajmos” ma un nome selvaggio
non soldi, rispetto o memoria
ripresero i carri più lenti
«parlare dei morti è sfortuna»
stringendo il silenzio fra i denti
una cicatrice di luna.

Ma in cielo una ferita resta aperta nel bel mondo ch’è rinato
che si scorda sempre tutto per ripetere il passato
questa pioggia che cadendo pare proprio abbia gridato
c’è un Porrajmos dentro il campo che anche oggi han sgomberato

E brucia ancora luna, brucia ancora dentro il mondo che è lo stesso
Dove chi non sa non può non vuole stare al compromesso
è uno zingaro, un nemico, è un colpevole, un diverso
e tu luna brucia ancora brucia sempre brucia adesso…



Alessio Lega

Porrajmos. Storia di uno sterminio dimenticato

bambino sinto deportato ad Aushwitz, 1943
La scarsità delle fonti disponibili in Italia continua a costituire un limite oggettivo per la ricerca storica sul “Porrajmos”, licenziando, in modo sommario quanto superficiale, riletture assolutorie o revisionistiche degli eventi, tese per lo più a minimizzare, anche in quest'ambito, il peso del fascismo sulla storia nazionale, le deportazioni, le stragi, il genocidio.
L’assenza nel nostro Paese di una esplicita legislazione razziale relativa agli zingari  negli anni che precedettero la guerra e poi durante il secondo conflitto mondiale  non deve trarre in inganno.
Già gli scritti sugli zingari degli scienziati Renato Semizzi e Guido Landra, consulenti di Mussolini ed estensori delle leggi razziali, segnarono tra il 1938 e il 1940 una prima significativa svolta  e un cambio di rotta repentino nella politica del Regime. Inoltre, l’ampia discrezionalità nell’applicazione estensiva di alcune norme anti - ebraiche e il ricorso a disposizioni prefettizie in materia d’ordine pubblico, consentirono di fatto l’invio al confino e l’internamento nei campi di prigionia dei rom sul territorio nazionale o la loro deportazione verso i lager nazisti, segnando una continuità di sostanza con quanto di più cruento ed efferato si stava perpetrando nei territori dell’Europa Orientale.
I rom stranieri, insieme a saltibanchi e girovaghi, vennero a trovarsi nel mirino della polizia fascista già dal 1926, respinti oltre frontiera benché provvisti di regolare passaporto.
Nel 1938, con il varo in Italia delle leggi razziali, ebbero inizio nelle regioni del Nord Est vari rastrellamenti e deportazioni in massa di famiglie rom verso il meridione e le isole.
Dal 1941, in conseguenza dell’occupazione nazi fascista dei territori jugoslavi, la repressione iniziò a mostrare il suo aspetto più cruento attraverso l'azione dei nazionalisti Ustascia  (i fascisti croati) di Ante Pavelic che, tra il 1929 e il 1941, avevano trovato in più occasioni protezione e rifugio in Italia per volere dello stesso Mussolini.
In seguito alle prime disposizioni d’internamento inviate dal Capo della Polizia di allora, Arturo Bocchini, ai Prefetti del Regno e al Questore di Roma con la Circolare dell’11 settembre 1940, zingari stranieri e italiani furono arrestati e trasferiti nei campi provinciali allestiti dal Ministero dell’Interno a Bolzano, Berra, Boiano, Agnone, Tossicìa, Ferramonti, Vinchiaturo e nelle isole, tra cui la Sardegna, la Sicilia e le Tremiti, in regime di internamento libero.
Nel 1941, con la Circolare del 27 Aprile, il Ministero emise un ordine esplicito finalizzato all’internamento degli zingari italiani, che andarono ad aggiungersi agli oltre 50 campi destinati all’internamento civile.
Così, ad Agnone, nei pressi di Campobasso, vennero a trovarsi zingari jugoslavi a cui si aggiunsero dal luglio '41, 58 rom provenienti dal campo di Boiano (rinchiusi nei quattro capannoni di un ex tabacchificio), in condizione di estrema indigenza e di pessima igiene.
A Tossicìa vennero rinchiusi 118 rom provenienti dalla Slovenia, che troveranno scampo con la fuga, dopo l’8 settembre del 1943, unendosi in Emilia, Liguria e Piemonte, alle milizie partigiane, nelle cui fila combatterono alcuni rom e sinti, insigniti in seguito della medaglia d’oro per la Resistenza.
I documenti disponibili mostrano una visione solo parziale e frammentata della memoria del Porrajmos, perché trascritti da altri e perché fondamentalmente incuranti della dimensione orale e sociale delle testimonianze raccolte tra i sopravvissuti.
Tranne che in studi più recenti, “la memoria custodita nelle comunità rom” è stata di fatto ignorata, tralasciando di indagare i racconti dei perseguitati e di incrociarli con i dati riscontrabili negli archivi statali, comunali, delle questure e dei giornali dell’epoca, rimuovendo e tacendo un vuoto storico e una forte responsabilità sociale.
Arresto di un sinto nei pressi di Francoforte (fine anni ‘30)
I piani di sterminio del popolo rom, vennero attuati non solo nei territori annessi dal dominio nazista, ma anche dai governi collaborazionisti, in particolare in Romania e Jugoslavia, che furono, con la Polonia, tra i principali teatri di questa efferata persecuzione.
Molto si è scritto sul “campo zingari per famiglie”, il famigerato zigeunerlager di Auschwitz - Birkenau e sugli esperimenti condotti su cavie umane dal Dott. Mengele e dai suoi collaboratori, i cui crimini sono rimasti largamente impuniti.
Poco o nulla si conosce della tragedia del campo di Jasenovac, in Croazia, attivo dal novembre del '41 al 25 aprile del '45 in Croazia, nella regione di Lonja, presso la linea ferroviaria Zagabria – Belgrado, che rappresenta l’altro luogo simbolo dei crimini commessi contro il popolo rom dagli Ustascia collaborazionisti.
La persecuzione dei rom e sinti in territorio croato era già attiva nel luglio '41, prima con la schedatura delle famiglie ad opera dei comuni, delle polizie locali e delle prefetture, poi con i primi trasporti (29 aprile '41 da Zagabria – 300 persone) per approdare a una vera e propria e la deportazione di massa nel '42.
Jasenovac, istituito sotto il nome di “comando dei campi di raccolta e di lavoro”, prevedeva la gestione di 5 sottocampi: uno di questi, Stara Gradisca, denominato il “mattonificio”, per lungo tempo rappresentò la parte più spietata dell’internamento in quanto “campo della morte principale”, destinato alla liquidazione di persone pericolose e sgradite per l’ordine pubblico e la sicurezza: ebrei, serbi, antifascisti croati ma soprattutto zingari.
Il numero delle vittime di Jasenovac, stimato dalla Commissione di Stato dell’ex Jugoslavia, si attesta tra le 600 e le 800.000 unità, una cifra non precisa in quanto, già nell’aprile del '45, gli Ustascia avevano eliminato quasi ogni traccia dei loro crimini, distruggendo elenchi di vittime, riesumando cadaveri per bruciarli e distruggendo gli edifici del campo.
Anche in Serbia, l’armata tedesca della Wehrmacht perseguitò ed uccise in modo sistematico la popolazione Rom. Non c’è però modo di conoscere l’esatto numero di quanti morirono nel complesso nei campi di concentramento, o di fame e di freddo in tutta Europa. Interi gruppi sparirono da zone di antico insediamento, come l’Olanda, insieme alla generazione degli anziani, depositari del sapere e delle tradizioni.
Non solo i limiti della precisione statistica e lo stato di guerra generalizzato, ma la stessa struttura sociale dei gruppi e il loro prudente “mimetismo” (che rendeva parziale il censimento anagrafico dei nuclei familiari) rende arduo il compito, insieme alla forte dispersione territoriale, le sommarie registrazioni degli internati e la distruzione dei documenti .
Auschwitz, interno della baracca femminile
I fatti che, col trascorrere del tempo, sono stati resi noti dalle testimonianze e dai documenti ritrovati, hanno riproposto la comparazione di un destino comune tra ebrei e zingari: cioè quest’ultimi, fatte salve le distinzioni, siano stati perseguitati al pari dei primi, in quanto biologicamente esistenti e non come sostenuto fin nell’immediato dopoguerra, per la loro presunta asocialità.
Senza contate che anche per sinti e rom vale ciò che qualcuno ha sostenuto, ovvero: “non è forse verosimile il ritrovamento di un ordine scritto da Hitler circa lo sterminio degli ebrei europei… quanto maggiore è il crimine, tanto minore è la possibilità che se ne trovino prove scritte al livello più alto di un Governo…”.
Oblìo degli eventi e obbligo morale di dichiararsi a favore della memoria scadono, oggigiorno, nel pericolo di un facile conformismo, una banalizzazione del male tale da esorcizzare e liquidare la questione della colpa e delle responsabilità che rimangono in molti casi ancora aperte.
A quasi 70 anni dalla liberazione da Auschwitz, occorrerebbe che la società tutta si interrogasse sulle vicende di quel passato e al rapporto tra i popoli europei e quello zingaro, e su quanto insidiosamente le ideologie di ieri si nascondino in molte critiche e pregiudizi dell’oggi.

Maurizio Pagani
Giorgio Bezzecchi